I quattro sono componenti del clan Zullo

Cava de’ Tirreni, usura ed estorsione: quattro arresti

Per compiere le estorsioni venivano utilizzati telefoni cellulari abusivamente introdotti in carcere
Anna Sarno

La Polizia di Stato ha eseguito  un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dall’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Salerno su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di quattro soggetti. I predetti, per i quali sussiste la presunzione di innocenza fino al giudizio definitivo, sono stati sottoposti, sulla base degli elementi indiziari acquisiti nel corso delle indagini preliminari e da confermare in sede dibattimentale, alla misura della custodia cautelare in carcere, poiché ritenuti, in concorso tra loro, autori dei reati di usura ed estorsione, aggravati dalle modalità mafiose, in quanto commessi esercitando la forza di intimidazione derivante dall’appartenenza al clan “Zullo”, la cui operatività nel Comune di Cava de’ Tirreni è stata accertata da precedenti sentenze. Secondo quanto ritenuto dalla Procura di Salerno, l’attività investigativa, svolta attraverso intercettazioni, perquisizioni e sequestri, ha consentito di accertare come uno degli elementi di spicco del menzionato clan Zullo, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, benché detenuto, facendo leva sulla forza di intimidazione dell’organizzazione, abbia posto in essere condotte estorsive ai danni di un commerciante di Cava de’ Tirreni per la restituzione di un prestito elargito a tasso usurario anni prima.   Gli sviluppi investigativi avrebbero permesso, altresì, di documentare l’imposizione da parte del menzionato pregiudicato detenuto di una tangente ai gestori di un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti nella frazione Santa Lucia di Cava de’ Tirreni (SA). Dagli elementi indiziari raccolti sarebbe emerso che l’indagato, al fine di porre in essere le condotte delittuose, utilizzava telefoni cellulari abusivamente introdotti nell’istituto penitenziario e si avvaleva della complicità di altri soggetti, operanti sul territorio, che avevano il compito di veicolare i messaggi minatori e, soprattutto, di riscuotere il denaro per poi trasferirglielo.

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