Premiare Daniele Doveri come miglior arbitro d’Italia dopo la gestione horror dei playout Salernitana–Sampdoria è un po’ come assegnare l’Oscar della puntualità a Trenitalia durante uno sciopero nazionale. Il Comitato Nazionale dell’AIA ha deciso: Doveri si porta a casa il prestigioso “Premio Stefano Farina”, certificato di stima che lo consacra come top fischietto della CAN A, nonostante il curriculum recente dica ben altro. Perché all’Arechi, tra cartellini mancati, rigori evaporati e un gol convalidato alla Samp con un fallo di mano grosso come una casa, Doveri ha lasciato dietro di sé più polemiche che applausi. Eppure eccolo lì, voto 8,60, promosso e lodato. Il bello (o il grottesco) è che il nostro arbitro “di punta” ha già superato i 45 anni ma resta saldo in CAN A. Già, la meritocrazia nel mondo arbitrale ha regole tutte sue: qui non conta chi sbaglia, ma quanto bene si riesce a camuffare l’errore sotto la nobile etichetta dell’“interpretazione”. Intanto a Salerno c’è chi si chiede: ma i doveri di Doveri? Forse, a giudicare dal premio, non servivano poi tanto.
Meritocrazia o cabaret?
Doveri? Premiato. E i (suoi) doveri?
Nonostante gli svarioni in Salernitana–Sampdoria, l’AIA incorona l’arbitro romano come migliore d’Italia
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