Salerno, vietato sbagliare ancora

Da Bergamo come ispirazione a Bergamo come condanna. La Salernitana di Danilo Iervolino, che sognava di diventare il “modello Atalanta del Sud”, si ritrova ora a preparare una stagione in Serie C. E tra le avversarie, paradosso amaro, ci sarà proprio l’Atalanta Under 23. È la fotografia di un fallimento tecnico, gestionale e culturale che in due anni ha polverizzato promesse, ambizioni e dignità.  Dalla Serie A alla Serie C nel giro di dodici mesi. Quattro allenatori, due direttori sportivi, una sequenza di errori figlia di un disegno improvvisato, e gestito da chi ha confuso la Salernitana con un palcoscenico per premiazioni e relazioni ibride tra politica, business e pallone. Maurizio Milan ne è stato il protagonista silenzioso ma onnipresente, capace di inanellare più strette di mano che vittorie, più comparse in conferenza che visioni reali.  E poi la scelta di Breda, simbolo di una gestione per cooptazione e non per competenza. A Salerno, c’è chi si è intestato quella chiamata, chi ancora siede in tribuna autorità come se nulla fosse, chi vive tra i corridoi della politica e quelli dello stadio. Una Salernitana di “parrocchie” e consulenti, in cui chi contesta rischia l’isolamento, e chi adula resta sempre in sella.  La doppia retrocessione è l’inevitabile prodotto di un sistema che ha smesso di mettere al centro la squadra, la città, i tifosi. Ora serve altro. Serve un taglio vero. Con i consiglieri di Iervolino, con la Gea, con le logiche consociative che hanno sporcato l’unica cosa che contava: il campo. Basta millantatori, basta testimonial. Servono costruttori.  Perché se non si riparte con verità, trasparenza e competenza, la Serie C sarà solo una tappa intermedia verso il nulla. Salerno non merita questo. Ma Salerno, per tornare a meritare, deve saper dire basta. E azzerare. Tutto.