Traffico rifiuti tra Italia e Tunisia: operazione DIA e NOE

Francesca De Simone

Rifiuti speciali trasferiti illegalmente dall’Italia alla Tunisia: ad accendere i riflettori sul vorticoso giro di affari, che vede anche il coinvolgimento di dirigenti pubblici ed imprenditori spregiudicati è stata la Procura di Potenza, attraverso l’inchiesta che ha portato agli arresti eseguiti all’alba di oggi anche nelle province di Salerno, Napoli e Catanzaro. Sedici le misure cautelari eseguite e tre le aziende sequestrate nel corso del blitz degli agenti della DIA e dei Carabinieri del settore tutela ambientale. Ai domiciliari è finito un funzionario della Regione Campania, mentre un dirigente dell’ente pubblico è, invece, indagato. L’inchiesta ha preso il via nel 2020, a seguito del provvedimento della Regione Campania, con cui si affidava ad un’azienda privata lo smaltimento in Africa di rifiuti speciali. La dogana tunisina, all’arrivo dei 213 container con circa seimila ecoballe, scoprì che la società di trasporto aveva dichiarato che si trattava di uno smaltimento di plastica e non di rifiuti speciali. Nelle settimane successive, al porto di Sousse, dove erano stati sequestrati i container, ci fu anche un incendio delle ecoballe. Dall’inchiesta che ne scaturì, furono arrestati 12 funzionari pubblici e un ex ministro tunisino. Successivamente, il governo del Paese africano intimò alla Regione Campania di riportare in Italia gli stessi rifiuti. Il carico rientrò al porto di Salerno nel febbraio del 2021: quasi ottomila tonnellate stipate in 70 container. Le ecoballe furono stoccate a Persano. I consulenti, che le hanno esaminate, hanno accertato la “non corrispondenza della qualità dei rifiuti in sequestro al codice di riferimento dichiarato dall’esportatore”.

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