Gerardo Cappetta è stato condannato a 22 anni di reclusione per l'omicidio di Snejana Bunacalea

Uccise la badante moldava, le motivazioni della condanna

"L'unica spiegazione logica dell'omicidio è quella di un contrasto, una lite" scrivono i giudici della Corte d'Assise del Tribunale di Salerno
Francesca Salemme

Cinquantadue (52) pagine, motivano la sentenza con cui lo scorso aprile Gerardo Cappetta è stato condannato a 22 anni di reclusione per l’omicidio di Snejana Bunacalea, la badante moldava quarantatreenne, trovata morta a marzo 2020 nella vasca da bagno.

A metterlo nero su bianco, i giudici della Corte d’Assise del Tibunale di Salerno (presidente Vincenzo Ferrara) che hanno accolto la tesi della Procura, sostenuta nel dibattimento anche dalla parte civile per conto dei familiari della donna, smentendo quella della difesa.

Nessuna crisi epilettica dunque, nessun malore: Snejana non era scivolata nella vasca da bagno, ma è stata uccisa per gelosia da Gerardo Cappetta, il figlio dell’anziana che accudiva. La donna aveva con il 54enne una relazione clandestina, parallela al fidanzamento ufficiale… ed era disposta a legarsi a lui solo a patto che la sposasse e le consentisse di portare i suoi figli ad Altavilla Silentina, nella sua casa. Terrorizzato dalle responsabilità che il matrimonio avrebbe comportato, e al tempo stesso geloso della relazione della donna con un altro, quella sera l’ex benzinaio e dipendente delle Poste la spinse più volte con la testa contro la superficie della vasca colma d’acqua facendola annegare. Snejana aveva fatto il bagno perché sarebbe dovuta uscire con il fidanzato per festeggiare, con un giorno di anticipo, il suo compleanno. «Solo Cappetta può sapere cosa sia realmente accaduto dopo essere entrato in bagno e aver visto la donna nuda, appena uscita dalla vasca. – scrivono i giudici – Quello che si può dire è che in quel contesto, l’unica spiegazione logica dell’omicidio è quella di un contrasto, una lite». Sarebbe stato quello a scatenare la reazione rabbiosa, incontrollata e violenta dell’imputato che, dopo aver colpito la vittima con schiaffi, calci e pugni, l’immobilizzò. Quindi, trattenendola in ginocchio davanti al bordo della vasca colma d’acqua, cominciò a spingerla con la testa contro la superficie della vasca annegandola.

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