Da Sindaco a Governatore: 30 anni di De Luca

Ivano Montano

Primi anni ’90, citando Venditti Salerno era una città ottimista, dall’aria vagamente socialista. E nemmeno tanto vagamente, visto che era la città più socialista d’Italia. Profumava ancora di garofano, quando, il 6 dicembre del 1993 si scoprì progressista. Il cambio fu radicale, figlio di una scelta non tanto dettata dall’ideologia politica quanto dalla determinazione, dalle idee di un uomo che già all’epoca dava netta l’impressione di poter tranquillamente vincere pure da solo, al di là di sinboli e schieramenti. Vincenzo De Luca, un uomo solo al comando, dopo aver staccato in termini di preferenze Giuseppe Acocella, tagliò il traguardo e si prese la fascia tricolore. Le prime promesse sembravano slogan, ma il tempo ha poi certificato che non lo erano. Erano obiettivi da raggiungere: una città europea, puntando sul completamento delle opere pubbliche già avviate dalla Giunta Giordano, aggiungendo al programma opere di grande architettura, dalle forme futuristiche, affidandole ad archistar di fama mondiale, cassando con un colpo di spugna il termine “a vocazione” dallo storico epitaffio: Salerno, città a vocazione turistica. Oggi, Salerno è méta di visitatori dall’autunno all’estate, a testimonianza del fatto che nemmeno “destagionalizzare il turismo” era uno slogan. Anche quello era un progetto, col tempo realizzato grazie a Luci d’Artista e tanto altro. Intanto, il Sindaco-Sceriffo diventa Presidente della Regione Campania, stravincendo ancora senza apparati, truppe cammellate e poteri forti a rinforzo. I trent’anni li festeggerà lì, a Palazzo Santa Lucia, forse ripensando a quello slogan, quello sì, lo era: “Salerno sarà la Barcellona d’Italia”. Salerno non è Barcellona. Ma anche a Barcellona si parla di Salerno. Chi l’avrebbe mai detto, trent’anni fa?

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