Tetti di spesa mensili: budget annuo finito dopo 10 giorni

Anna Sarno

C’è chi paga, se può; chi rimanda le cure, se la malattia ha tempo, chi rinuncia perché il budget per le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture convenzionate viene prosciugato quasi ovunque entro il 10 di ogni mese, e cosi esami e visite vengono erogati solo a pagamento e dunque chi vuole usufruirne si vede costretto a mettere mano al portafoglio, oppure, in alternativa, a sobbarcarsi le lunghe liste d’attesa nel pubblico. Il grido d’allarme parte dalle associazioni di categoria della Sanità accreditata che sostengono che il sistema di riparto dei tetti di spesa non funzioni. La ripartizione mensile dei fondi era stata decisa per evitare ciò che accadeva in passato: i tetti di spesa si esaurivano a fine anno costringendo a pagare di tasca propria o attendere il nuovo anno per analisi e esami di laboratorio. Adesso però lo stop arriva puntuale dopo 10 giorni dall’inizio del mese. I fondi per la sanità privata convenzionata sono insufficienti e non è certo per colpa della Regione. Il fatto è che il sistema di riparto attuale del fondo sanitario, paradossalmente, assicura meno risorse proprio alle regioni che più ne avrebbero bisogno, in particolare quelle meridionali. Si fa riferimento al contestato criterio della consistenza numerica della popolazione “corretta” solo per anzianità, in base al quale le regioni che risultano in proporzione “più giovani”, ricevono, minori risorse.

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