Contro la guerra che affossa anche l'economia 

Allevatori, agricoltori e pescatori della Coldiretti in piazza da Nord a Sud del Paese

Dall'Ucraina il 20% delle importazioni italiane di mais. Il prezzo del gasolio alle stelle favorisce i prodotti esteri
Francesca Salemme

Non riescono più a coprire i costi di produzione per il balzo dei beni energetici che si trasferisce a valanga sui bilanci delle loro aziende e vogliono far sentire la loro voce. Se il caro petrolio spinto dall'invasione dell'Ucraina costringe le barche a rimanere in banchina e a fermare i trattori, le ritorsioni della Russia colpiscono i mezzi di produzione, a partire dai concimi, obbligando i coltivatori a tagliare i raccolti mentre sanzioni ed embarghi bloccano i commerci, sconvolgono i mercati (il paese garantiva il 20% delle importazioni italiane di mais) e favoriscono le speculazioni. Contro la guerra che affossa anche l'economia sono già migliaia gli allevatori, gli agricoltori e i pescatori della Coldiretti in piazza da Nord a Sud del Paese. Non solo mangimi e grani, sono in pericolo: secondo un analisi di Coldiretti Impresapesca, con il caro petrolio spinto dall'invasione dell'Ucraina, il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato (+90%) rispetto allo scorso anno, costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite. Tuo questo andando a favorire le importazioni di pesce straniero. Un danno per un settore che conta 12 mila imprese e 28 mila lavoratori, con un vasto indotto collegato. E i numeri parlano chiaro: nei primi undici mesi del 2021 le importazioni sono aumentate del 25% in valore, il ché va ad impattare sulle scelte a tavola degli italiani che mangiano circa 28 chili di pesce all'anno, sopra la media europea ma lontano dai quasi 60 chili del Portogallo.

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