Da una guerra all’altra: non c’è futuro senza memoria

Ivano Montano

C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, oltre all’antico: la soffocante sensazione che la guerra sia immortale. Si spegne in un luogo, si rigenera in un altro, come un rettile maligno sempre in agguato. Tanto che la giornata della memoria, oggi, assume altri significati, proponendoci in rapida rassegna immagini di morte, di torture, di deportazioni di massa passando dal bianco e nero a colori, perché quel che accadde sta ancora accadendo. Perché, in questi giorni, bambini ucraini vengono deportati in Russia con lo scopo di “russificarli” e di farli crescere sani, forti e pronti alla battaglia contro le proprie origini, contro la loro Patria e il loro stesso sangue. “Non c’è futuro senza memoria” – disse Primo Levi – e, purtroppo, nemmeno la memoria aiuta il genere umano ad assicurare un futuro alle generazioni che verranno, perché – di fondo – non c’è futuro senza la pace. Che la memoria ci possa riportare indietro nel tempo, ma anche proiettare verso il domani, che possa, quella odierna, essere una giornata soprattutto di riflessione. Pensando agli orrori di ieri, agli orrori di oggi, per una lingua di territorio da conquistare a suon di bombe, agli orrori di domani se tutto questo non cesserà.

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